I colori dell’autunno C’era una volta molto lontano dal nostro mondo, un padre che aveva quattro figli ed era re di un grande regno. Il padre era vecchio perciò voleva consegnare il suo regno nelle mani dei quattro figli, ma questi essendo molto diversi l’uno dall’altro e non avendo niente in comune, invece di gestire bene il patrimonio, litigavano continuamente tra di loro senza mai trovare una soluzione. Allora il padre, per evitare il collasso del suo regno, decise di stabilire un tempo di gestione del suo reame per ciascuno di loro, secondo i loro personali talenti. Il primo figlio sarebbe diventato il padrone delle risorse indispensabili del regno, il secondo avrebbe dovuto occuparsi della fase dello sviluppo, il terzo gestire l’intervallo della prosperità mentre l’ultimo si sarebbe dovuto dedicare al periodo del bilancio e del rendiconto. In tal modo ognuno aveva la propria responsabilità per poter portare avanti la vita dello stato. Malgrado la chiara divisione dei lavori, purtroppo i fratelli continuavano a litigare tra di loro ritenendosi uno più importante dell’ altro. L’amministratore dello sviluppo si vantava che niente poteva progredire e crescere senza di lui, il gestore della prosperità indicava tutti i valori che si verificavano nel suo periodo e il padrone delle risorse si riteneva indispensabile per tutto il sistema produttivo. Solo il figlio che si occupava del bilancio non sapeva né ragionare bene né dimostrare il suo valore. Anzi, aveva difficoltà a dimostrare la sua utilità essendo gli altri tre sempre uniti contro di lui. La verità era che temevano di essere criticati e controllati dal suo giudizio infallibile. Infatti, egli era molto severo e concedeva poco a ciò che gli altri producevano o conservavano. Quindi, per non ammettere questo timore, lo deridevano e schernivano, dicendogli:” Sei la vergogna del regno, tutto quanto facciamo crescere viene da te distrutto, quello che noi creiamo tu lo trasformi in stracci e fai marcire tutto quanto potrebbe essere conservato per un altro momento”. Povero me, pensava l’ultimo figlio, temo che abbiano ragione e allora una depressione gravissima si impossessò di lui. Una depressione talmente grande che rese la sua stagione ancora più pesante: Tempeste, crolli, frane, alluvioni, perdite, fallimenti si susseguirono mentre il suo periodo diventava una vera fuga dalla vita. Alla fine gli altri non riuscivano più ad iniziare fasi di sviluppo, a continuare con il progresso e la prosperità, tanto da non riuscire più a svolgere il proprio compito. L’ultima stagione, senza volere, diventava così la più forte di tutte e produceva un regresso permanente. A questo punto il vecchio re intervenne dicendo loro: “ Io ho dato ad ognuno di voi un compito diverso, ma ugualmente importante. Non c’è niente da litigare su chi è il più forte o il più grande, perché tutti voi dovete contribuire con un servizio all’andamento, per il bene del nostro regno, ognuno secondo le sue possibilità, ognuno col suo tempo. Voi vi limitate a guardare la vostra personale situazione isolata da quella degli altri, invece dovreste guardare il regno nella sua interezza, la continuità completa della vita del nostro patrimonio, tutti i vostri turni singoli sono destinati ad alternarsi e soprattutto a ripetersi. Perciò, prima di criticare gli altri e di vantarsi davanti a loro, dovreste pensare al ciclo intero. Nel ciclo intero, però, non conta soltanto lo sviluppo, ma anche il periodo della verifica e dell’accertamento; sono importanti per non portare avanti quanto non può andar bene per sempre. Per ricominciare un ciclo nuovo occorre preparare la nuova partenza con una pulizia profonda - e questo è il compito dell’ultimo che, perciò, può essere inteso anche come il primo. L’ultimo non è affatto il meno importante, ha il suo valore. Voi tre, sì, potete dimostrare il bilancio ogni volta, quando avete fatto il vostro turno. Senza l’ultimo, però, si potrebbe fare solo una volta, infatti è proprio lui a preparare il prossimo ciclo, è lui in fondo il primo che seleziona, filtra, fa decantare tutto ciò che in un altro ciclo può di nuovo crescere e svilupparsi. Questo vuol dire che ogni volta che diventa necessario staccarsi dal vecchio e ricominciare non bisogna soffermarsi su quanto si lascia e la conseguente tristezza, ma semmai sulla gioia della nascita di qualcosa di nuovo. Forse ho sbagliato a non dare al suo compito anche un’immagine, un etichetta positiva ed importante. Perciò voglio rimediare e – nonostante il compito di correggere, di selezionare e distruggere voglio dare a lui ciò che voi altri non avete: una sinfonia di colori che accompagnano il suo lavoro, un’ouverture di movimenti che dimostrano che non significhi soltanto una fine, ma la preparazione dell’inizio di un nuovo ciclo, di un rinnovato progresso nel mio regno. Ed ognuno di voi, mentre sta svolgendo il proprio lavoro deve sapere che alla fine verrà lui per fare i conti ed esaminare ciò che può rimanere dal passato e quanto deve essere sostituito, in futuro, dopo un inizio nuovo”. Mentre l’ultimo figlio guariva dalla sua depressione, gli altri tre si pentivano di essere stati troppo orgogliosi. E da quel momento in poi non guardarono più soltanto il proprio momento, ma divennero consapevoli della continuità della vita nel loro regno, del procedimento continuo di un ciclo perpetuo che avrebbe reso il loro mondo sempre più ricco. Questo regno si trova in un mondo molto lontano, ma qui da noi possiamo vedere l’effetto dell’impegno dei 4 figli nel corso delle quattro stagioni che si alternano nell’anno che è come il regno del loro padre. E, se in autunno vediamo ogni tanto con tristezza calare la luce o cadere la pioggia e le foglie, possiamo cominciare a provare anche gioia quando vediamo il segno della luce nuova nei colori della natura e quando indoviniamo nel volo delle foglie colorate l’aurora dell’ inizio della vita che si rinnova. settembre 2008
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