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Franco Dante Tiglio: Il territorio dell'ubągu

Franco Dante Tiglio descrive nella sua tipologia “Le maschere di Ubaga” il territorio dell’ubągu cosģ:

 

Nell'antichissimo idioma ligure "ubągu" designava localitą fredde e selvagge, impervie e boscose, poste a settentrione.

 

Tali, in effetti, sono le caratteristiche della fiancata orografica destra della Valle Arroscia, scoscesa e aspramente corrugata, nei cui recessi sorsero, intorno al centro di Ubaga, i villaggi di Costa di Ubaga, Ubaghetta e Montecalvo, che facevano parte dell'antico Comune, insieme a varie frazioni, denominate Canavai, Casarix, Casarioli e Bandie, da tempo scomparse e inghiottite dalla boscaglia. Alle spalle di Ubaga, sulla dorsale che dal monte Mucchio di pietre (m. 770) raggiunge il monte Riondo (m.776), separando la Valle Arroscia dalla Val Lerrone, sorge una aguzza elevazione (m.820), che la popolazione locale ha sempre chiamato "Castello di Ubaga", poiché sulla sua sommitą sorgeva un castellare preistorico, distrutto nel 202 a.C. dal console romano Appio Claudio, nel corso della prima campagna contro i liguri Ingauni.

 

Almeno fino alla metą del secolo XX ad Ubaga si aveva l’impressione di vivere in un ambiente fuori dal tempo, isolato dal resto del mondo, geloso custode di una cultura, di costumi e di tradizioni le cui remote radici affondavano nel substrato etnico-culturale di quelle primitive tribł liguri che per circa due millenni avevano dato vita al famoso culto del monte Bego. Era evidente che i rudi abitanti di Ubaga erano i diretti discendenti di quei gruppi di pastori-cacciatori che in etą neo o eneolitica avevano colonizzato tutto il selvoso e scosceso versante settentrionale della catena divisoria fra la Valle Arroscia e la Val Lerrone.

 

Le difficoltą create da una Natura eccessivamente accidentata e dirupata, con vallette anguste, profondamente incise, scarsamente soleggiate; un terreno arido e magro, che mostrava pił lo scheletro che la polpa; la colossale opera di disboscamento delle foreste e l'immane fatica per strappare esili lingue di terra coltivabile a pendii troppo ripidi, sempre pronti a sgretolarsi a valle per la violenta azione delle acque, avevano forgiato negli abitanti, per contrappunto, un temperamento duro, tenace, caparbio, abituato alla fatica e al sacrificio, a contare soltanto sulle proprie forze, sprezzante degli agi, frugale, sagace ed ingegnoso, ma anche chiuso, rigido, poco incline ai cambiamenti e quindi profondamente conservatore nei costumi e nelle idee, una mentalitą conservatrice, ostile alle novitą.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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