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La fiaba di J. W. Goethe

Johann Wolfgang Goethe

 

 

 

LA FIABA

 

Sul grande fiume, che una violenta pioggia aveva gonfiato fino a farlo

straripare, il vecchio barcaiolo dormiva nella sua piccola capanna,

stanco delle fatiche della giornata. Nel cuore della notte alcune voci

forti lo svegliarono; sentì che dei viaggiatori volevano essere

traghettati.

Quando fu alla porta, vide ondeggiare sulla barca legata due grandi

fuochi fatui, che gli assicurarono di avere molta fretta e di voler

essere già sull'altra riva. Il vecchio non indugiò, partì e guidò

attraverso la corrente con la solita abilità, mentre gli stranieri

bisbigliavano tra loro in una lingua sconosciuta molto veloce e ogni

tanto scoppiavano in una sonora risata, saltando su e giù, ora sui

bordi e sulle panche, ora sul fondo della barca.

- La barca ondeggia! - esclamò il vecchio-, e se siete così

irrequieti può capovolgersi; state seduti, fuochi!

A questa richiesta i due scoppiarono in una gran risata, si burlarono

del vecchio e si agitarono ancora di più. Lui sopportò con pazienza le

loro scortesie, e presto toccò l'altra riva.

- Questo è per la prima vostra fatica! - esclamarono i viaggiatori, e

scuotendosi fecero cadere nella barca umida tante monete d'oro

lucente.

- Per amor del cielo, che fate! - esclamò il vecchio -. Volete

rovinarmi! Se una moneta d'oro fosse caduta in acqua, la corrente, che

non può sopportare questo metallo, si sarebbe sollevata in onde

terribili, mi avrebbe inghiottito insieme alla barca, e chissà che ne

sarebbe stato di voi; riprendetevi il vostro denaro!

- Non possiamo riprendere quello che abbiamo scrollatoreplicarono

quelli.

- Allora - disse il vecchio piegandosi per raccogliere nel berretto

le monete d'oro -, mi costringete a fare lo sforzo di cercarle,

portarle sulla terraferma e sotterrarle.

I fuochi fatui erano saltati dalla barca, e il vecchio esclamò:Dov'è

la mia ricompensa?

- Chi non accetta l'oro deve lavorare per niente!- esclamarono i

fuochi fatui.

- Dovreste sapere che posso essere pagato solo con i frutti della

terra.

- Con i frutti della terra? Noi li disprezziamo, e non li abbiamo mai

mangiati.

- Non posso lasciarvi andare, se non promettete di farmi avere tre

cavoli, tre carciofi e tre grosse cipolle.

I fuochi fatui scherzando cercarono di sgattaiolare via, ma si

sentirono inspiegabilmente incatenati al suolo: era la sensazione più

sgradevole che avessero mai provato. Promisero di esaudire quanto

prima la sua richiesta; lui li liberò e se ne andò.

Era già lontano quando lo richiamarono: - Vecchio! ascolta, vecchio!

Abbiamo dimenticato la cosa più importante! -. Ma lui se n'era andato

e non li sentiva più. Si era fatto trasportare dal fiume sull'altra

riva, per sotterrare quell'oro pericoloso in un posto di montagna, che

l'acqua non avrebbe mai potuto raggiungere. Trovò un enorme abisso fra

alte rocce, lo gettò là dentro e tornò alla sua capanna.

In questo abisso si trovava il bel serpente verde, che fu svegliato

dal suo sonno dalle monete che cadevano tintinnando. Appena vide quei

dischi, li inghiottì immediatamente con grande avidità, e si mise a

cercare con cura tutte le monete che si erano sparpagliate nei

cespugli e nelle fenditure delle rocce.

Appena le ebbe inghiottite, provò la sensazione piacevolissima

dell'oro che si scioglieva nelle sue viscere diffondendosi per tutto

il corpo, e si accorse con enorme gioia di essere diventato

trasparente e luminoso. Da molto tempo gli avevano assicurato che un

simile fenomeno era possibile; ma poiché dubitava che questa luce

potesse durare a lungo, la curiosità e il desiderio di garantirsi

l'avvenire lo spinsero a uscire dalle rocce per scoprire chi potesse

aver gettato il bell'oro. Non trovò nessuno. Gli riuscì ancora più

gradito ammirare la piacevole luce che diffondeva tra l'erba fresca.

Tutte le foglie parevano di smeraldo, tutti i fiori erano trasfigurati

in modo meraviglioso. Frugò inutilmente quel posto solitario e

selvaggio; ma la sua speranza aumentò quando giunse in pianura e da

lontano vide un bagliore simile al suo. - Se finalmente trovassi uno

come me! - esclamò, e si affrettò a raggiungere quel posto. Non si

curò della difficoltà di strisciare fra le canne della palude;

infatti, nonostante vivesse di preferenza sui secchi prati montani o

in profonde fenditure di roccia, mangiasse erbe aromatiche e placasse

di solito la sua sete con tenera rugiada e fresca acqua di sorgente,

per amore dell'oro e con la speranza della luce meravigliosa, avrebbe

fatto qualsiasi cosa gli fosse imposta.

Preso da una grande stanchezza raggiunse finalmente un'umida palude,

dove giocavano i nostri due fuochi fatui. Andò loro incontro, li

salutò e si rallegrò di aver trovato signori tanto piacevoli

imparentati con lui. Le luci lo sfiorarono, scivolarono su di lui e

risero a modo loro. - Signor cugino dissero -, se appartenete alla

linea orizzontale non significa niente; noi siamo imparentati solo in

apparenza, basta che guardiate (e tutti e due sprigionarono fiamme,

sacrificando la loro ampiezza per diventare il più possibile lunghi e

sottili) come a noi signori della linea verticale doni questa

lunghezza slanciata; non prendetela a male, amico, ma quale famiglia

può vantarla? Da quando esistono fuochi fatui non ce n'è stato nessuno

seduto o disteso.

Il serpente si sentì molto a disagio in presenza di questi parenti,

perché poteva alzare la testa in alto quanto voleva, ma sentiva di

doverla piegare di nuovo a terra per fare un passo avanti, e mentre

prima nell'oscuro boschetto era straordinariamente soddisfatto, ora,

davanti a questi cugini, il suo splendore pareva diminuire di momento

in momento, e temeva che alla fine sarebbe addirittura svanito.

In preda a quest'imbarazzo chiese velocemente se i signori non

potessero dargli qualche notizia sulla provenienza dell'oro lucente

che poco prima era caduto nell'abisso fra le rocce; lui pensava che

fosse una pioggia d'oro che cadeva direttamente dal cielo. I fuochi

fatui risero e si scrollarono, e fecero schizzare tutt'intorno una

gran quantità di monete d'oro. Il serpente le inghiottì velocemente.

- Gustatele, signor cugino dissero cortesemente quei signori -,

possiamo offrirvi ancora di più. Si scossero altre volte con grande

agilità, tanto che il serpente riuscì appena a mandar giù il prezioso

cibo a una simile velocità. La sua luce cominciò ad aumentare

visibilmente, e finì con il risplendere in modo meraviglioso, mentre i

fuochi fatui erano diventati piccole e sottili, senza perdere tuttavia

niente del loro buonumore.

- Vi sarò grato in eterno - disse il serpente, quando riuscì di nuovo

a prendere fiato alla fine del suo pasto -; chiedetemi quello che

volete: vi darò tutto ciò che è in mio potere.

- Magnifico! - esclamarono i fuochi fatui -. Dicci, dove abita la

bella Lilie? Portaci il più in fretta possibile al palazzo e al

giardino della bella Lilie, moriamo dall'impazienza di gettarci ai

suoi piedi.

- Non posso farvi subito questo favore - ribatté il serpente con un

profondo sospiro-. Purtroppo la bella Lilie vive al di là

dell'acqua.

- Al di là dell'acqua? E noi ci siamo fatti traghettare in questa

notte di tempesta! Com'è orribile il fiume che ci divide! Sarà

possibile chiamare di nuovo il vecchio?

- Sarebbero sforzi inutili - rispose il serpente -, perché se pure

l'incontraste su questa riva non vi porterebbe; può far attraversare

il fiume a chiunque, ma non può riportare indietro nessuno.

- Siamo sistemati bene! Non c'è un altro modo per attraversare il

fiume?

- Diversi, ma non in questo momento. Io stesso potrei traghettare lor

signori, ma solo a mezzogiorno.

- Quella è un'ora in cui non viaggiamo volentieri.

- Allora potete passare di sera sull'ombra del gigante.

- Come si fa?

- Il grande gigante, che abita non lontano da qui, non è in grado di

fare niente con il suo corpo; le sue mani non sollevano neppure un

filo di paglia; le sue spalle non potrebbero portare nemmeno un

fagotto; ma la sua ombra può molto, anzi tutto. Perciò al sorgere e al

calare del sole è molto potente, e così di sera ci si può sedere sul

collo della sua ombra, il gigante si avvia lentamente verso la riva e

la sua ombra porta il viandante al di là dell'acqua. Ma se a

mezzogiorno volete trovarvi in quell'angolo del bosco dove fitti

cespugli costeggiano la riva, potrò traghettarvi io stesso e

presentarvi alla bella Lilie; se invece temete il caldo di mezzogiorno

potrete cercare il gigante verso sera in quell'insenatura di rocce; si

mostrerà di sicuro cortese.

I giovani signori si allontanarono con un leggero inchino, e il

serpente fu contento di essersi liberato di loro, anche per soddisfare

una curiosità che già da molto tempo lo tormentava in modo

particolare.

In un luogo fra gli abissi di rocce, dove spesso andava strisciando,

aveva fatto una scoperta singolare. Infatti, malgrado fosse costretto

a strisciare attraverso questi abissi senza luce, con i sensi sapeva

distinguere bene gli oggetti. Era abituato a trovare dappertutto solo

prodotti della natura di forma irregolare; ora si insinuava fra i

denti di grandi cristalli, ora sentiva punte e filamenti d'argento

puro, e portava con sé alla luce questa o quella pietra preziosa. Ma

con suo grande stupore, in una roccia chiusa tutt'intorno, aveva

sentito oggetti che rivelavano la mano creatrice dell'uomo. Pareti

lisce, lungo le quali non poteva salire, angoli acuti e regolari,

colonne ben modellate e, cosa più strana, figure umane intorno alle

quali si era spesso avviticchiato, e che pensava che fossero di

metallo o di marmo molto levigato. Voleva ricomporre un'ultima volta

tutte queste esperienze servendosi della vista, e confermare quello

che aveva solo supposto. Ora pensava di poter illuminare con la

propria luce questa meravigliosa stanza sotterranea e sperava di

riconoscere in una sola volta questi strani oggetti. Si affrettò e

sulla solita strada trovò le fenditure attraverso le quali era solito

insinuarsi nel tempio.

Una volta arrivato sul posto si guardò intorno con curiosità, e anche

se la sua luce non riusciva a illuminare tutti gli oggetti della

rotonda, quelli più vicini gli apparvero distintamente. Con stupore

misto a deferenza guardò verso una nicchia splendente, in cui era

posta la statua in oro puro di un venerabile re. Le dimensioni della

statua superavano le proporzioni umane, ma a giudicare dalla figura,

era l'immagine di un uomo piccolo piuttosto che alto. Il suo corpo ben

fatto era coperto da un semplice mantello, e una corona di foglie di

quercia teneva insieme i suoi capelli.

Il serpente aveva appena visto questa venerabile statua, quando il re

cominciò a parlare e chiese: - Da dove vieni?

- Dagli abissi in cui abita l'oro - rispose il serpente.

- Cos'è più bello dell'oro? - chiese il re.

- La luce - rispose il serpente.

- Cos'è più ristoratrice della luce? - domandò quello.

- La parola - rispose questi.

Mentre discorreva aveva sbirciato da un lato, e aveva visto un'altra

immagine meravigliosa nella nicchia vicina. Vi era seduto un re

d'argento, dalla figura allungata e molto esile; il suo corpo era

coperto da una veste ricamata, corona, cintura e scettro erano ornati

di pietre preziose; aveva sul viso la serenità della fierezza e

sembrava voler parlare, quando una venatura di colore scuro che

attraversava la parete di marmo diventò all'improvviso luminosa e

diffuse in tutto il tempio una piacevole luce. In questo chiarore il

serpente vide il terzo re, dalla possente figura di bronzo, che sedeva

là appoggiato alla sua clava, era adorno di una corona d'alloro, ed

era più simile a una roccia che a un uomo. Il serpente volle girarsi

verso il quarto, che si trovava più lontano, ma il muro si aprì e la

venatura luminosa lampeggiò e scomparve.

Ne uscì un uomo di media statura, che attirò su di sé l'attenzione del

serpente. Era vestito da contadino e portava in mano una piccola

lampada, la cui tenue fiamma si guardava volentieri e illuminava

l'intero tempio in modo straordinario, senza gettare neppure un'ombra.

- Perché vieni, visto che abbiamo la luce? - chiese il re d'oro.

- Sapete che non posso illuminare l'oscurità.

- Il mio regno è alla fine? - Chiese il re d'argento.

- Tardi o mai - ribatté il vecchio.

Con voce robusta il re di bronzo chiese: - Quando potrò alzarmi?

- Presto - rispose il vecchio.

- A chi devo unirmi? - chiese il re.

- A tuo fratello maggiore - disse il vecchio.

- Che ne sarà del più giovane? - chiese il re.

- Si siederà - disse il vecchio.

- Non sono stanco - esclamò il quarto re balbettando con voce roca.

Mentre quelli parlavano il serpente era andato strisciando piano per

il tempio, aveva osservato tutto, e ora guardava da vicino il quarto

re. Stava appoggiato a una colonna, e la sua figura considerevole era

più pesante che bella. Ma non si riusciva a distinguere bene il

metallo in cui era stato fuso. A ben guardare era una mescolanza dei

tre metalli di cui erano fatti i suoi fratelli. Ma le materie non

sembravano essersi amalgamate bene al momento della fusione; venature

irregolari d'oro e d'argento attraversavano la massa di bronzo e

davano alla statua un aspetto sgradevole.

Intanto il re d'oro disse all'uomo: - Quanti segreti conosci?

- Tre - rispose il vecchio.

- Qual è il più importante? - chiese il re d'argento.

- Quello palese - rispose il vecchio.

- Vuoi rivelarlo anche a noi? - chiese quello di bronzo.

- Appena saprò il quarto - disse il vecchio.

- Che mi importa! - mormorò tra sé il re composito.

- Conosco il quarto - disse il serpente, si avvicinò al vecchio e gli

bisbigliò qualcosa all'orecchio.

- L'ora è arrivata! - esclamò il vecchio con voce possente. Il tempio

riecheggiò, le colonne di metallo risuonarono, e in quell'istante il

vecchio sprofondò a occidente e il serpente a oriente, e ogni cosa

sparì rapidamente negli abissi delle rocce.

Tutti i passaggi che il vecchio percorreva si riempivano d'oro dietro

di lui, perché la sua lampada aveva la straordinaria facoltà di

trasformare le pietre in oro, gli animali morti in pietre preziose, e

di annientare tutti i metalli, ma per produrre quest'effetto doveva

illuminare da sola. Se aveva vicino un'altra luce, emanava solo un bel

chiarore, e ravvivava tutto quello che era animato.

Il vecchio entrò nella sua capanna costruita sulla montagna, e trovò

la moglie in preda a una grande afflizione. Era seduta vicino al fuoco

e piangeva e non riusciva a darsi pace.

- Come sono infelice - esclamò -, oggi non avrei dovuto lasciarti

andare via!

- Che succede? - chiese tranquillo il vecchio.

- Appena te ne sei andato - disse la donna singhiozzando -, ho

trovato sulla soglia due viandanti turbolenti; incautamente li ho

fatti entrare, sembravano due brave persone gentili; erano avvolti in

fiamme sottili, si poteva prenderli per fuochi fatui; appena sono in

casa cominciano ad adularmi in modo sfrontato, e diventano così

insistenti che non riesco a pensarci senza vergogna.

- Quei signori avranno scherzato - ribatté il marito sorridendo;

considerando la tua età avrebbero dovuto limitarsi alla semplice

cortesia.

- Quale età! Età! - esclamò la donna -. Devo sempre sentir parlare

della mia età? Quanti anni ho? Semplice cortesia! Lo so io. Basta

guardare come sono diventate le pareti; guarda le vecchie pietre, che

non vedevo più da cent'anni; non sai con quale abilità hanno leccato

tutto l'oro; e continuavano ad assicurarmi che era migliore dell'oro

volgare. Quando hanno finito di spazzare tutte le pareti sembravano di

ottimo umore e in poco tempo sono diventati molto più grandi, larghi e

splendenti. Allora hanno ricominciato con l'allegria smodata, mi hanno

accarezzata di nuovo, mi hanno chiamata la loro regina, si sono scossi

e hanno schizzato una quantità di monete d'oro; ma che disgrazia! Il

nostro cane ne ha mangiate alcune e guarda, è lì morto nel camino:

povera bestia! Non so darmi pace. L'ho visto solo quando se n'erano

andati, - perché altrimenti non avrei promesso di pagare il loro

debito con il barcaiolo.

- Quale debito? - Chiese il vecchio.

- Tre cavoli, tre carciofi e tre cipolle; ho promesso di portarli al

fiume quando sarà giorno.

- Puoi fare loro questo favore - disse il vecchio-; potranno

servirci ancora in qualche occasione.

- Io non so se ci saranno utili, ma loro l'hanno promesso.

Intanto il fuoco ardeva nel camino, il vecchio ricoprì di cenere i

carboni, tolse le monete d'oro, e allora la sua piccola lampada brillò

di nuovo da sola, in un meraviglioso splendore, i muri si rivestirono

d'oro e il cane era diventato l'onice più bella che si potesse

immaginare. L'alternarsi dei colori bruni e neri della preziosa pietra

la rendeva una straordinaria opera d'arte.

- Prendi il tuo cesto - disse il vecchio -, e metti dentro l'onice;

poi prendi i tre cavoli, i tre carciofi e le tre cipolle, sistemali

intorno alla pietra e portali al fiume. A mezzogiorno fatti

traghettare dal serpente e vai a ritrovare la bella Lilie, portale

l'onice; toccandola la renderà viva, come uccide ogni cosa viva

toccandola; avrà in lei una fida compagna. Dille che non deve essere

triste, che la sua liberazione è vicina, che può considerare la

disgrazia più grande come la più grande fortuna, perché l'ora è

arrivata.

La vecchia prese il suo cesto e appena fu giorno si mise in cammino.

Il sole che sorgeva splendeva luminoso sul fiume che scintillava da

lontano; la donna procedeva a passi lenti, perché il cesto le pesava

sulla testa, e non era l'onice a pesare tanto. Quando portava cose

morte non le sentiva, al contrario, il cesto si sollevava e si librava

in alto sopra la sua testa. Ma portare una verdura fresca o una

bestiola viva, le riusciva molto gravoso. Aveva camminato per qualche

tempo di malumore, quando di colpo si fermò spaventata, perché era

quasi finita sull'ombra del gigante che si allungava fino a lei sulla

pianura. E solo allora vide il potente gigante, che si era bagnato nel

fiume ed era uscito dall'acqua, e non sapeva come evitarlo. Appena lui

vide la salutò scherzosamente, e le mani della sua ombra afferrarono

subito il cesto. Con leggerezza e abilità presero un cavolo, un

carciofo e una cipolla e li portarono alla bocca del gigante, che poi

risalì il fiume e lasciò libera la strada alla donna.

La vecchia pensò se non fosse meglio tornare indietro per sostituire i

pezzi che mancavano prendendoli nel suo giardino, e in preda a questi

dubbi continuò ad andare avanti arrivando ben presto in riva al fiume.

Rimase seduta a lungo aspettando il barcaiolo, e alla fine lo vide

traghettare con uno strano viaggiatore. Un uomo giovane, nobile,

bello, che non riuscì a vedere bene, scese dalla barca.

- Cosa vi porta qui? - esclamò il vecchio.

- E' per la verdura che vi devono i fuochi fatui - rispose la donna

mostrando quello che portava. Quando il vecchio ne trovò solo due di

ogni tipo, si arrabbiò e dichiarò di non poterli accettare. La donna

glieli offrì con insistenza, gli raccontò che ora non poteva andare a

casa e che il peso da portare lungo la strada le sarebbe riuscito

gravoso. Lui insistette nella sua risposta negativa, assicurandole che

non dipendeva assolutamente da lui. - Devo lasciare quello che mi

spetta insieme al resto per nove ore, e non posso prendere niente per

me, finché non ne avrò ceduto un terzo al fiume.

Dopo molti discorsi e obiezioni alla fine il vecchio rispose: C'è un

altro modo. Se vi rendete garante per il fiume e se volete riconoscere

il vostro debito, io mi prenderò i sei pezzi; ma questo presenta dei

rischi.

- Se manterrò la parola non correrò nessun rischio?

- Nessuno. Mettete la vostra mano nel fiume - continuò il vecchio -

e promettete di pagare il debito entro ventiquattr'ore.

La vecchia obbedì, ma quale fu il suo spavento quando tirò fuori

dall'acqua la sua mano nera come il carbone. La donna rimproverò con

furia il vecchio, assicurando che le mani erano sempre state la sua

parte più bella, e che a dispetto dei lavori pesanti aveva saputo

conservare questi nobili arti bianchi e morbidi. Guardò con grande

afflizione ed esclamò disperata:- E' ancora peggio! Vedo che è

diminuita, è molto più piccola dell'altra.

- Ora non è che apparenza - disse il vecchio, ma se non manterrete la

parola succederà davvero. La mano si ritirerà sempre più e alla fine

scomparirà del tutto, senza che dobbiate rinunciare a usarla. Potrete

fare qualunque cosa, ma nessuno la vedrà.

- Preferirei non poterla usare, ma che si vedesse - disse la vecchia

-; ora questo non ha nessuna importanza, io manterrò la mia parola per

liberarmi di questa pelle nera e di questa preoccupazione.

Prese in fretta il cesto, che si alzò da solo sulla sua testa e restò

sospeso in aria, e raggiunse il giovane che camminava pensieroso, a

passi lenti, sulla riva. La sua splendida figura e il suo strano

vestito avevano colpito profondamente la vecchia. Il suo petto era

coperto da una corazza lucente, che lasciava vedere tutti i movimenti

del suo bel corpo. Dalle spalle scendeva un mantello di porpora,

intorno alla sua testa scoperta i capelli scuri ondeggiavano in bei

riccioli, il suo dolce viso era esposto ai raggi del sole come i suoi

piedi ben fatti. Camminava tranquillamente a piedi nudi sulla sabbia

ardente e un profondo dolore sembrava renderlo insensibile a ogni

impressione esterna.

La loquace vecchia cercò d'indurlo a conversare, ma le sue parole

laconiche le diedero poche informazioni, e così alla fine, a dispetto

dei suoi begli occhi, si stancò di parlargli inutilmente e si congedò

da lui dicendo:

- Andate troppo piano per me, signore, io non posso perdere un minuto,

perché devo passare il fiume sul serpente verde e consegnare alla

bella Lilie il magnifico regalo di mio marito . Dopo queste parole si

allontanò velocemente e con la stessa velocità il bel giovane si

rianimò e la rincorse.

- Andate dalla bella Lilie! - esclamò -. Allora facciamo la stessa

strada. Che regalo le portate?

- Signore - rispose la donna -, non è giusto che vi informiate con

tanta foga dei miei segreti, dopo aver respinto le mie domande in modo

tanto laconico. Se però siete disposto a fare uno scambio e a

raccontarmi della vostra sorte, io non vi nasconderò chi sono e quale

è il mio regalo.

Si trovarono presto d'accordo; la donna gli confidò la sua intenzione,

la storia del cane, e gli fece vedere il meraviglioso regalo. Lui levò

subito dal cesto quel capolavoro della natura e prese fra le braccia

il cane, che sembrava riposare beatamente. - Felice bestiola!-

esclamò -, le sue mani ti toccheranno, ti renderanno viva; la vita

non fuggirà davanti a lei per evitare un triste destino! Ma perché

dico triste! E' molto più doloroso e temibile essere paralizzati dalla

sua presenza di quanto lo sarebbe morire per mano sua! Guardatemi! -

disse alla vecchia -. Che situazione miserevole devo sopportare in

questi miei anni! Il destino mi ha lasciato questa corazza che ho

portato con onore in guerra; questa porpora che ho cercato di meritare

con un governo saggio; quella è diventata un inutile peso, questa un

ornamento senza significato. Corona, scettro e spada non ci sono più,

sono nudo e bisognoso come ogni altro figlio della terra, perché i

suoi begli occhi blu sono così fatali da togliere forza a ogni

creatura vivente, e quelli che non sono uccisi dal tocco della sua

mano sono ridotti a vivere come ombre vaganti.

Continuò a lamentarsi così e non diede per niente soddisfazione alla

curiosità della vecchia, che voleva essere informata non tanto del suo

stato interiore quanto di quello esteriore. Non venne a sapere né il

nome di suo padre né quello del suo regno. Lui accarezzava il cane

irrigidito, che i raggi del sole e il petto tiepido del giovane

avevano riscaldato fino a farlo sembrare vivo. Fece molte domande

sull'uomo con la lampada, sugli effetti della luce miracolosa, e da

questa circostanza sembrò ripromettersi molto di buono in futuro per

la sua triste condizione.

Mentre parlavano, videro da lontano l'arco maestoso del ponte che si

tendeva da una riva all'altra, scintillando meravigliosamente nello

splendore del sole. Si stupirono tutti e due, perché questa

costruzione non era mai sembrata loro tanto magnifica. - Come! -

esclamò il principe -, non era già bello abbastanza quando stava là,

davanti ai nostri occhi, in diaspro e cristallo di rocca? Dovremmo

aver paura ad attraversarlo, perché sembra fatto di smeraldi,

calcedonio e crisolito, con una varietà così piacevole? -. Nessuno

dei due era a conoscenza della trasformazione avvenuta con il

serpente: perché era il serpente che ogni mezzogiorno si inarcava e

stava lì formando un ponte ardito. I viandanti vi salirono timorosi e

lo attraversarono in silenzio.

Avevano appena toccato l'altra riva quando il ponte cominciò a

oscillare e a muoversi, agitò per un attimo la superficie dell'acqua e

il serpente verde, nel suo aspetto solito, scivolò dietro ai viandanti

sulla terraferma. L'avevano appena ringraziato tutti e due per aver

permesso loro di passare il fiume sul suo dorso, quando si accorsero

che altre persone, oltre a loro tre, dovevano far parte della

compagnia, anche se non riuscivano a vederle con gli occhi. Sentirono

vicino a loro un mormorio, al quale il serpente rispose subito con un

mormorio; ascoltarono attentamente e alla fine riuscirono a percepire

queste parole:

- Prima ci guarderemo intorno in incognito nel parco della bella Lilie

- dicevano due voci alternandosi -, e quando calerà la notte, appena

saremo presentabili, cercheremo di portarvi al cospetto di quella

bellezza perfetta. Ci incontreremo in riva al grande lago.

- Siamo intesi - rispose il serpente, e un suono sibilante si perse

nell'aria.

I nostri tre viandanti si consultarono sull'ordine in cui presentarsi

alla bella, perché potevano starle intorno molte persone, ma dovevano

andare e venire solo una alla volta per non provocarle gravi dolori.

La donna con il cane trasformato nel cesto si avvicinò per prima al

giardino e cercò la sua protettrice, che non era difficile trovare,

perché cantava accompagnandosi con l'arpa; i suoni soavi formavano

cerchi sulla superficie tranquilla del lago, poi muovevano l'erba e i

cespugli come un alito leggero. Era seduta in un verde spiazzo,

all'ombra di un magnifico gruppo di alberi diversi uno dall'altro, e

al primo sguardo incantò di nuovo gli occhi, l'orecchio, il cuore

della donna, che si avvicinò estasiata e giurò a se stessa che la

bella da quando l'aveva vista l'ultima volta era diventata ancora più

bella. La brava donna salutò da lontano l'amabile fanciulla,

elogiandola.

- Che felicità guardarvi; con la vostra presenza diffondete

tutt'intorno il paradiso! Com'è leggiadra l'arpa che tenete in grembo,

con quale dolcezza le vostre braccia la circondano, come sembra

desiderosa di stare sul vostro petto, e come risuona delicata al tocco

delle vostre dita sottili! Giovane tre volte felice, tu che potrai

prendere il suo posto!

Pronunciando queste parole si era avvicinata; la bella Lilie aprì gli

occhi, lasciò cadere le mani e rispose: - Non rattristarmi con lodi

inopportune, non fai che accrescere la mia infelicità. Vedi, qui ai

miei piedi giace morto il povero canarino che un tempo accompagnava

piacevolmente i miei canti; era solito appoggiarsi sulla mia arpa ed

era stato ammaestrato con cura a non toccarmi; oggi mentre intonavo

una placida canzone mattutina, ristorata dal sonno, e il mio piccolo

canterino, più vivace che mai, faceva sentire i suoni armoniosi, uno

sparviero piombò sulla mia testa; la povera bestiola, spaventata, si

rifugiò sul mio petto e in quell'attimo sentii gli ultimi sussulti

della sua vita spezzata. Il rapace, colpito dal mio sguardo, scivolò

esanime sull'acqua, ma a che serve la sua punizione, se il mio tesoro

è morto e la sua tomba infoltirà solo i tristi cespugli del mio

giardino!

- Fatevi animo, bella Lilie! - esclamò la donna asciugandosi una

lacrima che il racconto dell'infelice fanciulla le aveva fatto

spuntare-. Riprendetevi, ve lo dice la mia esperienza; dovete

frenare le vostre lacrime, e guardare alla peggiore infelicità; perché

l'ora è giunta.

- E in verità - proseguì la vecchia - c'è un gran disordine nel

mondo. Guardate la mia mano, com'è diventata nera! E' davvero molto

più piccola, devo affrettarmi prima che scompaia! Perché ho dovuto

fare un piacere ai fuochi fatui, perché ho dovuto immergere la mia

mano nel fiume? Non potreste darmi un cavolo, un carciofo e un

cipolla? Così li porto al fiume, la mia mano tornerà bianca come

prima, e potrò quasi tenerla vicino alla vostra.

- Puoi trovare ovunque cavoli e cipolle, ma cercheresti invano i

carciofi. Le piante del mio grande giardino non portano né fiori né

frutti; ma ogni ramoscello che spezzo e pianto sulla tomba di una

persona cara rinverdisce e viene su rapidamente. Purtroppo ho visto

crescere tutti questi gruppi di piante, questi cespugli, questo

boschetto. Gli ombrelli di questi pini, gli obelischi di questi

cipressi, i colossi delle querce e di faggi erano tutti piccoli

ramoscelli piantati dalla mia mano, tristi monumenti in un terreno

altrimenti sterile.

La vecchia aveva fatto poca attenzione a questo discorso e aveva

osservato solo la sua mano, che in presenza della bella Lilie sembrava

diventare a ogni istante sempre più nera e piccola. Voleva prendere il

suo cesto e scappare via, quando si accorse di aver dimenticato la

cosa più importante. Tirò subito fuori dal cesto il cane trasformato e

lo depose sull'erba poco lontano dalla bella.

- Mio marito - disse - vi manda questo dono, sapete che il vostro

tocco può dare vita a questa pietra preziosa. La docile bestia fedele

vi darà certamente tanta gioia, e il dolore di perderla può essere

alleviato dal pensiero che sarete voi a possederla. La bella Lilie

guardò il docile animale con gioia e, in apparenza, anche con stupore.

- Sono giunti insieme molti segni, che mi danno qualche speranza-

disse -; ma, ahimè! E' solo una follia della nostra natura immaginare

che il meglio sia vicino quando siamo colpiti da molta infelicità?

 

A che mi servono tanti segni propizi?

La morte dell'uccello, la mano nera dell'amica?

Il cane di pietra, ha forse un suo simile?

E non me l'ha mandato la lampada?

Lontana dai dolci piaceri umani,

Ho familiarità solo col dolore.

Ah! perché il tempio non è sul fiume!

Ah! perché il ponte non è costruito!

 

La donna aveva ascoltato con impazienza la canzone che la bella Lilie

aveva accompagnato con i suoni piacevoli della sua arpa e che avrebbe

deliziato chiunque. Voleva congedarsi, ma venne trattenuta dall'arrivo

improvviso del serpente verde. Questi aveva sentito le ultime strofe

della canzone e le infuse subito coraggio e fiducia.

- La profezia del ponte si è compiuta! - esclamò -. Chiedi a questa

brava donna com'è meraviglioso ora l'arco. Quello che un tempo era

diaspro opaco, quello che era solo cristallo di rocca, attraverso il

quale la luce traspariva al massimo sugli spigoli, ora è diventata

trasparente pietra preziosa. Nessun berillo è tanto chiaro, nessuno

smeraldo ha un colore tanto bello.

- Vi auguro buona fortuna - disse Lilie -, ma perdonatemi se non

credo che la profezia si sia ancora avverata. Sull'altro arco del

vostro ponte possono passare solo persone a piedi e ci hanno promesso

che cavalli e carrozze e viaggiatori di ogni genere potranno

percorrerlo nello stesso momento in salita e in discesa. Non è stato

profetizzato che dal fiume s'innalzarono da soli grandi pilastri?

La vecchia, che aveva tenuto sempre gli occhi fissi sulla mano, a

questo punto interruppe il discorso e si congedò. - Aspettate ancora

un momento - disse la bella Lilie -, e portate con voi il mio povero

canarino. Chiedete alla lampada di trasformarlo in un bel topazio, io

lo rianimerò toccandolo e insieme al vostro buon cane sarà il mio

passatempo; ma fate più in fretta che potete, perché al tramonto la

povera bestia comincerà a putrefarsi orribilmente e la bella armonia

della sua figura sarà distrutta per sempre.

La vecchia mise il piccolo cadavere nel cesto fra tenere foglie e si

allontanò in fretta.

- Comunque sia - disse il serpente riprendendo il discorso interrotto

-, il tempio è edificato.

- Ma non è ancora sul fiume - rispose la bella.

- Si trova ancora nelle profondità della terra - disse il serpente

-; ho visto i re e ho parlato con loro.

- Ma quando si alzeranno? - chiese Lilie.

Il serpente rispose: - Ho sentito echeggiare nel tempio le grandi

parole: «L'ora è giunta».

Una quieta serenità si diffuse sul viso della bella. - Oggi sento

queste parole felici per la seconda volta - disse -; quando verrà il

giorno in cui le sentirò per la terza volta?

Si alzò e subito dal boschetto uscì una graziosa fanciulla che le

tolse l'arpa. A lei ne seguì un'altra, che chiuse la sedia intagliata,

dalle undici gambe, su cui sedeva la bella, e si mise sotto il braccio

il cuscino d'argento. Poco dopo ne apparve una terza, che portava un

grande parasole ricamato di perle, e restò in attesa, nel caso che

Lilie avesse bisogno di lei per fare una passeggiata. Queste tre

fanciulle erano belle e vivaci oltre ogni dire; eppure non facevano

che accrescere la bellezza di Lilie, perché chiunque doveva ammettere

che non si poteva paragonarle a lei.

Intanto la bella Lilie aveva contemplato con piacere il meraviglioso

cane. Si chinò, lo toccò e in quell'attimo lui si sollevò. Si guardò

attorno con vivacità, corse avanti e indietro e alla fine andò a

salutare allegramente la sua benefattrice. Lei lo prese e lo strinse a

sé. - Malgrado tu sia freddo e vivo solo a metà - esclamò -, sei il

benvenuto; ti amerò teneramente, scherzerò con te, ti accarezzerò con

affetto, e ti stringerò forte al mio cuore -. Poi lo lasciò libero,

lo mandò lontano, lo richiamò, scherzò così piacevolmente e saltellò

insieme con lui sull'erba così allegramente che era impossibile non

guardare la sua gioia con un piacere nuovo e non prendervi parte, come

poco prima la sua tristezza aveva suscitato compassione in tutti i

cuori.

Questa allegria, questi piacevoli scherzi vennero interrotti

dall'arrivo del giovane triste. Entrò con l'aspetto che già gli

conosciamo, solo che il calore della giornata sembrava averlo spossato

ancora di più, e in presenza dell'amata diventò a ogni istante più

pallido. Portava sulla mano lo sparviero, che stava appoggiato con le

ali chiuse, quieto come una colomba.

- Non è gentile - esclamò Lilie - che tu mi porti davanti l'odiosa

bestia, il mostro che oggi ha ucciso il mio canarino.

- Non rimproverare il povero uccello! - ribatté il giovane -; accusa

piuttosto te stessa e il destino, e concedimi di stare insieme al

compagno delle mie miserie.

Intanto il cane non smetteva di stuzzicare la bella e lei rispondeva

al suo trasparente tesoro comportandosi nel modo più affettuoso.

Batteva le mani per allontanarlo; poi correva per farlo tornare da

lei. Quando scappava cercava di acchiapparlo, e poi lo mandava via

quando lui tentava di avvicinarsi. Il giovane li guardava in silenzio

e con fastidio crescente; ma alla fine, quando lei prese in braccio

l'odiosa bestia che suscitava la sua avversione, la strinse al petto e

le baciò il muso nero con le sue labbra celestiali, perse la pazienza

e gridò disperato: Io che vivo davanti a te ma separato da te, forse

per sempre, a causa di un triste destino; io che a causa tua ho perso

tutto, anche me stesso, devo vedere con i miei occhi che un mostro

contro natura riesce a suscitare la tua gioia, a incatenare il tuo

affetto e a godere dei tuoi abbracci. Dovrò andare avanti e indietro

ancora a lungo, misurando questo triste circolo di qua e di là dal

fiume? No, nel mio petto c'è ancora una scintilla dell'antico eroismo;

in quest'istante fiammeggerà per l'ultima volta. Se le pietre possono

poggiare sul tuo petto, allora diventerò una pietra; se il tuo tocco

uccide, allora morirò di tua mano.

Dicendo queste parole fece un movimento impetuoso; lo sparviero volò

dalla sua mano, e lui si avventò sulla bella, che tese le mani per

fermarlo e lo toccò ancor prima. La coscienza l'abbandonò e lei sentì

con orrore quel bel peso contro il suo petto. Indietreggiò con un

grido e il dolce giovane scivolò a terra esanime dalle sue braccia.

La disgrazia era capitata! La dolce Lilie restò immobile a fissare il

corpo inanimato. Le sembrò che il cuore si fermasse nel petto e i suoi

occhi erano asciutti. Il cane cercò inutilmente di strapparle un gesto

affettuoso; il mondo intero era morto insieme all'amico. Nella sua

muta disperazione non si guardò intorno in cerca di aiuto, perché non

conosceva aiuto.

Invece il serpente si mosse con sveltezza, sembrò riflettere sul modo

di salvarlo, e in effetti i suoi strani movimenti servivano almeno a

impedire per qualche tempo le conseguenze più spaventose e immediate

della disgrazia. Con il suo corpo flessibile tracciò un ampio cerchio

intorno al cadavere, afferrò l'estremità della coda con i denti e

rimase fermo là.

Poco dopo apparve una delle belle cameriere di Lilie, portò la sedia

dalle undici gambe e con gesto affettuoso costrinse la bella a

sedersi; subito dopo arrivò la seconda con un velo color del fuoco,

che adornò il capo della sua padrona più che coprirlo; la terza le

diede l'arpa, e appena lei strinse a sé il meraviglioso strumento,

traendo alcuni suoni dalle corde, la prima tornò con uno specchio

lucente e rotondo e si fermò di fronte alla bella, attirò i suoi

sguardi e le presentò l'immagine più piacevole che si potesse trovare

in natura. Il dolore aumentava la sua bellezza, il velo il suo

fascino, l'arpa la sua grazia, e ognuno sperava di veder cambiare il

suo triste stato quanto si augurava di trattenere per sempre la sua

immagine come appariva in quel momento.

Con lo sguardo tranquillo fisso sullo specchio, ora traeva dalle corde

suoni melodiosi, ora il dolore pareva crescere, e le corde

rispondevano con forza alla sua pena; aprì la bocca per cantare

diverse volte, ma la voce le mancava, e allora il suo dolore si

sciolse in lacrime, due fanciulle la presero pietosamente per le

braccia, l'arpa le scivolò dal grembo, la cameriera riuscì appena ad

afferrarla con un gesto rapido e la portò via.

- Chi ci porterà l'uomo con la lampada prima che il sole tramonti? -

Bisbigliò piano, ma in modo percettibile il serpente; le fanciulle si

guardarono, e le lacrime di Lilie si moltiplicarono. In quel momento

arrivò, senza fiato, la donna con il cesto.- Sono perduta e

storpiata! - esclamò -. Guardate, la mia mano è quasi scomparsa; né

il barcaiolo né il gigante hanno voluto farmi traghettare, perché sono

ancora in debito con l'acqua; ho offerto inutilmente cento cavoli e

cento cipolle, vogliono solo i tre pezzi e non si riesce a trovare

nemmeno un carciofo in questo posto.

- Dimenticate le vostre preoccupazioni - disse il serpente-, e

cercate di aiutarci; forse questo potrà aiutare anche voi. Andate il

più in fretta possibile in cerca dei fuochi fatui, è ancora troppo

chiaro per vederli, ma forse li sentirete ridere e chiacchierare. Se

si affrettano, il gigante li porterà al di là del fiume, così potranno

trovare l'uomo con la lampada e mandarlo qui.

La donna fece più in fretta che poté, e il serpente sembrò aspettare

il ritorno dei due con la stessa impazienza di Lilie. Purtroppo i

raggi del sole che tramontava indoravano già le cime più alte degli

alberi della boscaglia e grandi ombre si allungavano sul lago e i

prati; il serpente si agitò con impazienza e Lilie si sciolse in

lacrime.

In preda a quest'ansia il serpente si guardava intorno, temendo a ogni

istante che il sole tramontasse, che la putrefazione penetrasse nel

cerchio magico e colpisse inesorabilmente il bel giovane. Alla fine

guardò in alto nell'aria lo sparviero dalle penne rosso porpora, il

cui petto raccoglieva gli ultimi raggi del sole. Sussultò dalla gioia

per il segno propizio, e non si ingannava; infatti poco dopo si vide

l'uomo con la lampada che scivolava sul lago, come se camminasse sui

pattini.

Il serpente non cambiò posizione, mentre Lilie si alzò esclamando: -

Quale spirito benigno ti manda nel momento in cui ti abbiamo tanto

desiderato e abbiamo tanto bisogno di te?

- Lo spirito della mia lampada mi ha spinto - rispose il vecchio - e

lo sparviero mi ha guidato qua. Quando c'è bisogno di me scintilla, e

io guardo nell'aria in cerca di un segno; un uccello o una meteora mi

indicano verso quale regione del cielo io debba dirigermi. Sta'

tranquilla, bella fanciulla! Non so se potrò essere d'aiuto; non può

esserlo un'unica persona, ma solo chi si unisce a molti altri al

momento giusto. Aspettiamo e speriamo.

- Tieni chiuso il cerchio - continuò rivolgendosi al serpente; poi

andò a sedersi vicino a lui, sopra un cumulo di terra, e illuminò il

corpo inanimato.

- Portate qui il dolce canarino e ponetelo nel cerchio!-. Le

fanciulle presero il piccolo cadavere dal cesto che la donna aveva

lasciato lì e obbedirono all'uomo.

Intanto il sole era tramontato, e, mentre l'oscurità cresceva, il

serpente e la lampada dell'uomo cominciarono a fare luce a modo loro,

e anche il velo di Lilie diffondeva intorno a sé una tenue luce, che

colorava le sue guance pallide e la sua veste bianca con leggiadria

infinita, come una delicata aurora. Si guardarono l'un l'altro in

silenzio, l'ansia e la tristezza erano mitigate da una speranza certa.

Videro comparire con piacere la vecchia in compagnia delle due allegre

fiamme, che intanto dovevano aver sperperato molto, perché erano

diventate di nuovo parecchio sottili, ma non per questo si mostrarono

meno garbate con la principessa e le sue cameriere. Dissero le solite

cose con grande sicurezza e in modo molto espressivo, si mostrarono

soprattutto molto sensibili al fascino che il velo luminoso conferiva

a Lilie e alle sue compagne. Le fanciulle abbassarono gli occhi con

modestia e l'elogio alla loro bellezza le rese davvero belle. Tutti

erano contenti e tranquilli tranne la vecchia. Nonostante il marito le

assicurasse che la sua mano non poteva ritirarsi ancora, finché la sua

lampada l'avesse illuminata, lei dichiarò più di una volta che se

continuava così il suo nobile arto sarebbe sparito prima di

mezzanotte.

Il vecchio con la lampada aveva ascoltato con attenzione il discorso

dei fuochi fatui ed era felice che la conversazione avesse distratto e

rasserenato Lilie. E in effetti, non si sa come, si era fatta

mezzanotte. Il vecchio guardò le stelle e cominciò a parlare: - Siamo

riuniti in un'ora felice, ognuno compia il suo compito, ognuno faccia

il suo dovere, e i singoli dolori si dissolveranno in una felicità

generale, come un'infelicità generale distrugge le singole gioie.

Dopo queste parole si sentì un rumore meraviglioso, perché tutte le

persone presenti parlavano per sé e dicevano a voce alta quello che

dovevano fare. Solo le tre fanciulle tacevano; una era addormentata

vicino all'arpa, l'altra vicino al parasole, la terza vicino alla

sedia, e non si poteva dar loro torto perché era molto tardi. Le

giovani fiamme, dopo alcuni complimenti rivolti all'inizio anche alle

cameriere, alla fine si limitarono a Lilie, la più bella di tutte.

- Prendi lo specchio - disse il vecchio allo sparviero -, e illumina

le fanciulle addormentate con il primo raggio di sole e svegliale con

la luce che si riflette dall'alto.

Il serpente cominciò a muoversi, aprì il cerchio e si diresse

lentamente, a grandi spire, verso il fiume. I due fuochi fatui lo

seguirono solenni, e si sarebbe potuto crederli fiamme assai serie. La

vecchia e suo marito afferrarono il cesto, la cui tenue luce finora si

era vista appena, tirarono dai due lati facendolo diventare sempre più

grande e luminoso, vi deposero il corpo del giovane e gli posarono sul

petto il canarino, il cesto si alzò in alto e si librò sulla testa dei

vecchi, e seguì da vicino i fuochi fatui. La bella Lilie prese in

braccio il cane e seguì la vecchia, l'uomo con la lampada chiuse il

corteo, e il luogo era illuminato in modo straordinario da tutte

queste luci diverse.

Ma la compagnia, raggiunto il fiume, vide con non poco stupore che un

arco meraviglioso s'innalzava sull'acqua; il benevolo serpente aveva

preparato per loro una via scintillante. Se di giorno avevano ammirato

le trasparenti pietre preziose di cui pareva fatto il ponte, ora, di

notte, si stupirono del suo luminoso splendore. L'arco lucente si

stagliava netto verso l'alto contro il cielo scuro, ma in basso vividi

raggi guizzavano verso il centro e rivelavano la saldezza flessibile

della costruzione. Il corteo avanzava lentamente, e il barcaiolo che

guardava da lontano, dalla sua capanna, contemplò stupito la curva

luminosa e le strane luci che la percorrevano.

Avevano appena raggiunto l'altra riva quando l'arco cominciò a

oscillare e ad avvicinarsi all'acqua ondeggiando. Il serpente poco

dopo toccò terra, e il cesto si posò sul terreno, e il serpente formò

di nuovo il suo cerchio; il vecchio si chinò davanti a lui e gli

disse: - Che hai deciso?

- Di sacrificarmi prima di essere sacrificato - rispose il serpente

-; promettimi che non lascerai nessuna pietra sulla terraferma.

Il vecchio promise e disse alla bella Lilie: - Tocca il serpente con

la mano sinistra e il tuo innamorato con la destra.

Lilie s'inginocchiò e toccò il serpente e il cadavere. Nello stesso

istante questi sembrò rivivere, si mosse nel cesto, si sollevò e si

mise a sedere. Lilie voleva abbracciarlo, ma il vecchio la trattenne,

aiutò il giovane ad alzarsi e lo guidò per farlo uscire dal cesto e

dal cerchio.

Il giovane stava in piedi, il canarino svolazzò sulla sua spalla, in

tutti e due era tornata la vita, ma lo spirito non era ancora tornato

in loro; il bell'amico aveva aperto gli occhi e non vedeva, o almeno

sembrava guardare ogni cosa senza nessuna partecipazione, e appena lo

stupore di fronte a quest'evento si attenuò un po', si accorsero dello

straordinario mutamento del serpente. Il suo bel corpo slanciato si

era frantumato in mille e mille pietre preziose lucenti; la vecchia

l'aveva urtato sbadatamente, cercando di afferrare il suo cesto, e la

forma del serpente non si vedeva più, sull'erba vi era solo un bel

cerchio di pietre preziose.

Il vecchio si mise subito a raccogliere le pietre nel cesto, facendosi

aiutare dalla moglie. Insieme portarono il cesto sulla riva in un

punto elevato, e lui scosse l'intero contenuto nel fiume, non senza

riluttanza da parte della bella e della moglie, che avrebbero scelto

volentieri qualcosa per loro. Le pietre galleggiarono sulle onde come

stelle lucenti e brillanti e non si riusciva a capire se si perdevano

in lontananza o andavano a fondo.

- Signori - disse il vecchio con deferenza ai fuochi fatui -, ora vi

indicherò la strada e vi aprirò un passaggio, ma voi ci renderete un

grande servizio aprendoci le porte del tempio, attraverso le quali

dovremo passare questa volta, e che nessuno all'infuori di voi può

dischiudere.

I fuochi fatui si inchinarono educatamente e rimasero indietro. Il

vecchio con la lampada li precedette fra le rocce che si aprivano

davanti a lui; il giovane lo seguì in modo meccanico; silenziosa e

incerta Lilie si teneva a una certa distanza da lui; la vecchia non

intendeva restare indietro e tese la mano, in modo che la luce della

lampada di suo marito potesse illuminarla. I fuochi fatui chiusero il

corteo; piegarono le punte delle loro fiamme una verso l'altra e

sembrava parlassero tra di loro.

Non avevano camminato a lungo, quando il corteo si trovò davanti a una

grande porta di bronzo, le cui ante erano chiuse da una serratura

d'oro. Il vecchio chiamò subito i fuochi fatui, che senza farsi

sollecitare a lungo consumarono alacremente con le loro fiamme

appuntite serratura e chiavistello.

Il bronzo risuonò forte quando le porte si aprirono rapidamente e nel

santuario apparvero le dignitose statue dei re, illuminate dalle luci

che penetravano all'interno. Tutti si inchinarono davanti ai

venerabili dominatori; i fuochi fatui, in particolare, non mancarono

di eseguire bizzarri inchini.

Dopo una pausa il re d'oro chiese: - Da dove venite?

- Dal mondo - rispose il vecchio.

- Dove andate? - chiese il re d'argento.

- Nel mondo - disse il vecchio.

- Che volete da noi? - chiese il re di bronzo.

- Accompagnarvi - disse il vecchio.

Il re composito voleva cominciare a parlare, quando il re d'oro disse

ai fuochi fatui che gli si erano avvicinati: Allontanatevi da me, il

mio oro non è per il vostro palato -. Si rivolsero subito verso

quello d'argento e si strinsero a lui; la sua veste risplendeva

magnificamente dei loro riflessi gialli. - Siete i benvenuti - disse

-, ma non posso nutrirvi; saziatevi in un altro posto e portatemi la

vostra luce.

Si allontanarono, passarono davanti a quello di bronzo, che sembrò non

accorgersi di loro, e scivolarono fino a quello composito.

- Chi dominerà il mondo? - chiese con voce balbettante.

- Chi si regge sui suoi piedi! - rispose il vecchio.

- Sono io! - disse il re composito.

- Questo si saprà - disse il vecchio -, perché l'ora è giunta.

La bella Lilie si aggrappò al collo del vecchio e lo baciò con

affetto.- Venerabile padre disse -, ti sono mille volte grata,

perché sento per la terza volta la parola presaga-. Aveva appena

finito di parlare quando si strinse ancora più forte al vecchio,

perché la terra aveva cominciato a tremare sotto di loro. Anche la

vecchia e il giovane si tennero stretti, solo i mobili fuochi fatui

non si accorsero di nulla.

Si poteva sentire distintamente che tutto il tempio si muoveva, come

una nave che si allontana dolcemente dal porto quando l'ancora viene

levata; le profondità della terra sembrarono schiudersi davanti a lui

per farlo passare. Non incontrò nulla, neppure una roccia gli sbarrò

la strada.

Per qualche istante una pioggia sottile parve cadere dall'apertura

della cupola; il vecchio tenne più stretta la bella Lilie e le disse:

- Siamo sotto il fiume, vicini alla meta. Poco dopo credettero di

essere fermi, ma si ingannavano; il tempio salì verso l'alto.

E sulle loro teste si sentì un singolare frastuono. Assi e travi

cominciarono a precipitare alla rinfusa schiantandosi contro

l'apertura della cupola. Lilie e la vecchia balzarono di lato, l'uomo

con la lampada afferrò il giovane e rimase immobile. La piccola

capanna del barcaiolo - era lei, infatti, che il tempio salendo aveva

divelto e accolto in sé- discese lentamente fino a coprire il

giovane e il vecchio.

Le donne gridarono forte, e il tempio tremò come una nave che tocca

terra inaspettatamente. Le donne si aggiravano angosciate nella

penombra intorno alla capanna, la porta era chiusa e nessuno rispose

ai loro colpi. Bussarono con più violenza e si stupirono non poco

quando, alla fine, il legno cominciò a risuonare. In virtù della forza

racchiusa nella lampada la capanna era diventata tutta d'argento. Poco

dopo cambiò addirittura aspetto: perché il nobile metallo abbandonò le

forme casuali delle assi, delle porte e delle travi, e si ampliò fino

a diventare una magnifica costruzione lavorata a sbalzo. Un piccolo

tempio magnifico si ergeva al centro di quello grande, o se si vuole,

un altare degno del tempio.

Il nobile giovane si avviò verso l'alto, su una scala che saliva

dall'interno, l'uomo con la lampada gli faceva luce, e un altro, che

era apparso in una corta veste bianca e teneva in mano un remo, pareva

sorreggerlo; riconobbero subito il barcaiolo che un tempo abitava

nella capanna trasformata.

La bella Lilie salì gli ultimi gradini che portavano dal tempio

all'altare, ma doveva continuare a tenersi lontana dal suo innamorato.

La vecchia, la cui mano era diventata sempre più piccola mentre la

lampada era stata nascosta, gridò: - Devo essere ancora più infelice?

Fra tanti prodigi, nessuno può salvare la mia mano?

Suo marito indicò la porta aperta e disse: - Guarda, è spuntato il

giorno, corri a bagnarti nel fiume.

- Che consiglio! - esclamò lei -. Diventerò tutta nera e scomparirò

completamente, perché non ho ancora pagato il mio debito.

- Va' - disse il vecchio -, dammi ascolto! Tutti i debiti sono

saldati.

La vecchia si allontanò in fretta, e in quel momento la luce del sole

che sorgeva apparve sulla corona della cupola, il vecchio si mise fra

il giovane e la fanciulla ed esclamò a voce alta: Tre sono le cose

che dominano sulla Terra: la saggezza, l'apparenza e la forza -. Alla

prima parola il re d'oro si alzò, alla seconda quello d'argento e alla

terza si era sollevato lentamente quello di bronzo, quando il re

composito, all'improvviso, si mise a sedere goffamente.

Chi lo guardava, a dispetto del momento solenne, poté trattenersi a

fatica dal ridere, perché non era seduto, non era disteso, non era

appoggiato, ma era crollato scompostamente.

I fuochi fatui, che fino a quel momento si erano affaccendati intorno

a lui, si scostarono; malgrado la luce pallida del mattino parevano di

nuovo ben nutriti e con le fiamme vivide; avevano succhiato abilmente,

fino in fondo, con le loro lingue affilate, la venatura d'oro della

colossale statua. Gli spazi vuoti irregolari che si erano creati

rimasero aperti per un po', e la figura conservò la sua antica forma.

Ma quando, alla fine, anche le venature più sottili furono consumate,

la statua crollò all'improvviso, e purtroppo proprio nei punti che

restano interi quando l'uomo si siede; invece le articolazioni, che

avrebbero dovuto piegarsi, rimasero rigide. Chi non riuscì a riderne

dovette distogliere gli occhi; quella via di mezzo tra forma e ammasso

era ripugnante a vedersi.

L'uomo con la lampada fece scendere dall'altare il bel giovane, che

però continuava a guardare fisso davanti a sé, e lo portò davanti al

re di bronzo. Ai piedi del potente principe era posata una spada, in

una guaina di bronzo. Il giovane la cinse.La spada a sinistra, la

destra libera! - esclamò il potente re.

Poi andarono da quello d'argento, che abbassò il suo scettro verso il

giovane. Questi lo prese con la mano sinistra, e il re disse con voce

cortese: - Pascola le pecore!

Quando giunsero dal re d'oro, egli pose in testa al giovane la corona

di foglie di quercia con un gesto di paterna benedizione e disse:-

Riconosci il sommo bene!

Durante questi discorsi il vecchio aveva osservato attentamente il

giovane. Dopo aver cinto la spada il suo petto si sollevò, le sue

braccia si mossero e i suoi piedi si fecero più saldi; prendendo in

mano lo scettro la forza sembrò attenuarsi e insieme diventare più

potente in virtù di una grazia indicibile; ma quando la corona di

foglie di quercia ornò i suoi riccioli, i tratti del suo viso si

animarono, i suoi occhi risplendettero di uno spirito ineffabile, e la

prima parola sulle sue labbra fu Lilie.

- Cara Lilie!- esclamò salendo la scala d'argento per andarle

incontro: infatti lei aveva osservato il suo giro dalla sommità

dall'altare -. Cara Lilie, cosa può desiderare un uomo che ha tutto,

oltre all'innocenza e al tranquillo affetto che il tuo cuore mi offre?

Oh, amico mio - continuò rivolgendosi al vecchio e guardando le tre

statue sacre -, il regno dei nostri padri è splendido e sicuro, ma tu

hai dimenticato la quarta forza che domina il mondo, ancora più certa,

la forza dell'amore. A queste parole si gettò al collo della bella

fanciulla; lei si era liberata del velo e le sue guance si tinsero del

più bel rossore immortale. Il vecchio replicò sorridendo: - L'amore

non domina, ma forma, e questo è molto di più.

Fra tanta solennità, felicità ed estasi, non si erano accorti che era

giorno pieno, e all'improvviso attraverso la porta aperta apparvero

alla compagnia oggetti del tutto inaspettati. Un grande spazio

circondato da colonne costituiva l'atrio, al termine del quale si

vedeva un lungo e magnifico ponte, che si tendeva sul fiume con molte

arcate; su entrambi i lati era disposto uno splendido e comodo

colonnato per i viandanti, che si erano già riuniti là a migliaia e

andavano avanti e indietro alacremente. La grande strada nel mezzo era

animata da un flusso di greggi, bestie da soma, cavalieri e carrozze

che la percorrevano in tutte e due le direzioni senza urtarsi. Tutti

sembravano stupiti della comodità e della magnificenza del ponte, e il

nuovo re e sua moglie erano incantati dal movimento e dalla vita di

questo grande popolo, così come il loro amore reciproco li rendeva

felici.

- Onora la memoria del serpente - disse l'uomo con la lampada ; tu

gli devi la vita, le tue genti il ponte, in virtù del quale queste

rive vicine saranno unite e diventeranno paesi popolati. Quelle pietre

preziose scintillanti che galleggiano, resti del suo corpo

sacrificato, sono i pilastri che reggono questo ponte meraviglioso,

che si è costruito da solo e si sosterrà da solo su di essi.

Gli chiesero una spiegazione del prodigioso segreto, quando dalla

porta del tempio entrarono quattro belle fanciulle. Riconobbero subito

le tre compagne di Lilie, dall'arpa, dal parasole e dalla sedia, ma la

quarta, più bella delle altre, era uno sconosciuta che attraversò il

tempio e salì i gradini d'argento scherzando fraternamente con loro.

- In un futuro mi crederai di più, cara donna? - disse l'uomo con la

lampada alla bella-. Salute a te e a ogni creatura che questa

mattina si bagnerà nel fiume!

La vecchia ringiovanita e imbellita, del cui aspetto non era rimasta

traccia, circondò con braccia giovani e rinvigorite l'uomo con la

lampada, il quale accolse le sue carezze con affetto.- Se sono

troppo vecchio per te - disse sorridendo -, oggi potrai sceglierti un

altro sposo; da oggi in poi non è più valido nessun matrimonio che non

venga concluso di nuovo.

- Non sai che anche tu sei diventato più giovane? - rispose lei.

- Sono contento se i tuoi occhi giovani mi vedono come un giovane

gagliardo; accetto di nuovo la tua mano, e sarò felice di vivere con

te per il prossimo millennio.

La regina diede il benvenuto alla sua nuova amica e scese con lei e le

altre compagne di giochi dall'altare, mentre il re in mezzo ai due

uomini guardava verso il ponte osservando attentamente il brulichio

del popolo.

Ma la sua contentezza non durò a lungo; vide infatti qualcosa che gli

procurò un po' di disappunto. Il grande gigante, che non sembrava

essersi ripreso ancora dal sonno del mattino, avanzò barcollando sul

ponte, causando un gran disordine. Come al solito si era alzato

ubriaco di sonno e intendeva bagnarsi nella solita insenatura del

fiume; al suo posto trovò la terraferma e brancolò sui larghi pilastri

del ponte. Anche se si muoveva fra uomini e animali in modo molto

maldestro, la sua presenza venne considerata da tutti con meraviglia,

ma nessuno si spaventò; quando però il sole abbagliò i suoi occhi, e

lui alzò le mani per ripararsi, l'ombra dei suoi enormi pugni dietro

di lui passò tra la folla in modo così violento e goffo che uomini e

bestie precipitarono in massa, si ferirono e corsero il rischio di

essere gettati nel fiume.

Il re, che aveva osservato l'incidente, cercò la spada con un

movimento inconsulto, poi si ricompose, guardò con calma il suo

scettro, la lampada e il remo dei suoi compagni. - Indovino i tuoi

pensieri - disse l'uomo con la lampada, - ma noi con le nostre forze

siamo inermi di fronte a quest'inerme. Sta' tranquillo! Nuoce per

l'ultima volta, e per fortuna la sua ombra ci abbandonerà.

Intanto il gigante si era avvicinato sempre più, aveva lasciato cadere

le mani per lo stupore di quello che vedeva, non provocò più nessun

danno ed entrò nell'atrio a bocca aperta.

Arrivato alla porta del tempio, all'improvviso venne trattenuto al

suolo in mezzo al cortile. Rimase là come una colossale e poderosa

statua di pietra lucente e rossastra, e la sua ombra segnò le ore in

un cerchio tracciato a terra intorno a lui, non in cifre ma in

immagini nobili e significative.

Il re si rallegrò non poco nel vedere come fosse diventata utile

l'ombra del gigante; non poco si meravigliò la regina, quando salì

sull'altare insieme con le sue fanciulle, adornata con magnificenza, e

vide il singolare quadro, che copriva quasi la vista del ponte dal

tempio.

Intanto il popolo, poiché il gigante stava fermo, si affollò intorno a

lui, lo circondò e lo osservò con stupore. Di lì la moltitudine si

rivolse al tempio, di cui sembrò accorgersi solo allora, e si affollò

sulla porta.

In quel momento lo sparviero con lo specchio si librò in alto sul

tempio, raccolse la luce del sole e la diresse sul gruppo che stava

sull'altare. Il re, la regina e i loro accompagnatori apparvero nella

volta in penombra illuminati da uno splendore celeste, e il popolo si

prosternò. Quando la moltitudine si riprese e si rialzò, il re con i

suoi stava scendendo dall'altare, per raggiungere il suo palazzo

attraverso sale nascoste, e il popolo si disperse nel tempio per

appagare la sua curiosità. Contemplò con stupore misto a rispetto i

tre re in piedi, ma era ancora più avido di sapere quale ammasso

potesse nascondersi sotto il tappeto nella quarta nicchia; infatti,

chiunque fosse stato, con ragionevole ritegno aveva steso sul re

crollato una splendida coperta, che nessun occhio umano poteva

penetrare e che nessuna mano avrebbe osato togliere.

Il popolo non avrebbe più smesso di guardare e di stupirsi, e la

moltitudine incalzante sarebbe rimasta schiacciata nel tempio, se la

sua attenzione non si fosse rivolta nuovamente alla grande piazza.

Monete d'oro parevano cadere inaspettatamente dall'aria, risuonando

sulle lastre di marmo, i viandanti si precipitarono per

impadronirsene; e questo prodigio si ripeté ora in un punto, ora in un

altro. Certamente i fuochi fatui, andandosene, si stavano divertendo

un'altra volta, e spargevano allegramente l'oro delle membra del re

crollato. Il popolo avido continuò a correre da ogni parte, si urtò e

continuò ad affannarsi anche quando le monete non caddero più. Alla

fine si disperse lentamente, si incamminò per la sua strada, e fino a

oggi il ponte ha brulicato di viandanti, e il tempio è il più

frequentato di tutta la Terra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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