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Favola di Federica Gazo: Ancora quel sogno ANCORA QUEL SOGNO <<Ancora quel sogno>> commentò Irene assonnata e agitata mentre si stiracchiava. Da qualche notte faceva lo stesso, medesimo, identico sogno: una fatina veniva catturata e le chiedeva aiuto. Quel fatto le rovinava la giornata perché la riviveva nella sua mente a piccoli spezzoni durante il giorno e durante…le ore di lezione. In una soleggiata mattina di aprile Irene andò con alcune amiche a fare un picnic. fuori città. Il sole brillava alto nel cielo e i colori accesi dei primi fiori mettevano allegria. Una raffica di vento fece volare un sacchetto e Irene lo andò a recuperare. Si fermò di colpo dietro un albero. Sul tronco c’era inciso: AIUTO. <<Il mio sogno – disse Irene – Allora c’è qualcosa di vero. Non può essere semplicemente una coincidenza>>. Una scintillante goccia di rugiada le cadde sul dito mentre toccava l’incisione. Una scia di luce l’avvolse e lei finì in un mondo mai conosciuto. Atterrò a gambe all’aria e appena poté si guardò intorno: sotto un cielo nero e cupo c’erano sontuosi palazzi colorati e piccole persone vestite di nero. Chi erano? Cosa ci faceva lei qui? Non ebbe neppure il tempo di riflettere su quelle domande che venne afferrata per un braccio da una di quelle piccole persone. Stava per essere legata ma, per fortuna, riuscì a scappare. Aprì velocemente la porta di legno di un palazzo e la richiuse altrettanto velocemente dietro di sé. Nella grande stanza dalle pareti colorate in cui si trovò c’era una fata ”adulta” che lucidava con un panno una statuetta posata su una mensola di legno. Appena la vide le domandò: <<Chi sei? Cosa fai qui? Non mi sembri una fata>>. <<Mi chiamo Irene e sono un’umana. Non so neanche io cosa ci faccio qui>> rispose. A quel punto la fata chiamò: <<Anna, Anna!>> e una fata più o meno dell’età di Irene scese dalla scala a chiocciola e disse: <<Cosa succede?>>. <<C’è una di quelle umane che devono liberare la Regina. Spiegale tutto>> rispose con aria sconsolata. La fata ”adulta” continuò poi il suo lavoro mentre Anna prese per mano Irene e la condusse su per la scala, nelle stanze di sopra. La fece accomodare su una sedia e cominciò: <<Il nostro è un mondo in cui vivono le fate con gli gnomi. Uno gnomo cattivo è riuscito a far salire sul trono un re ingiusto. Costui odia le fate e quindi le perseguita e ha imprigionato la nostra Regina. Per non essere catturate dobbiamo restare nelle nostre abitazioni altrimenti ci rinchiudono. La Regina comunica attraverso i sogni con gli esseri umani dal cuore buono ed in vari modi li fa giungere qui ma nessuno è ancora riuscito a liberarla>>. <<Chi erano quelle persone piccole vestite di nero?>> chiese Irene ricordando di essere stata quasi catturata da una di loro. Anna con aria sapiente rispose: <<Sono i sudditi del re cattivo Alcamirre. Lui, con i poteri rubati alla Regina, ha ipnotizzato tutti gli gnomi>>. <<Quindi io dovrei liberare la Regina! - disse Irene un tantino preoccupata – Non potete farlo voi?>> domandò cercando di togliersi quella responsabilità. <<Non possiamo perché il castello dove è rinchiusa è circondato da gnomi e trappole per fate a anche il palazzo di Alcamirre è impenetrabile>>. <<Comunque vi aiuterò>> disse Irene, sicura di liberare le fate e gli gnomi. Sarebbe restata con Anna fino a quando non avrebbe avuto un piano e poi… in azione! Dopo tre notti insonni e ore e ore a pensare Irene trovò una soluzione. Armata di un gruppo di fate andò al castello di Alcamirre. Le fate distrassero gli gnomi e Irene entrò. Una volta disattivate le trappole, le fate entrarono e con la nostra eroina irruppero nella stanza del re. Irene disse:<<Nel mio mondo le persone come te non si comportano così. Ti propongo una sfida: si partirà dal castello e, a colpi di incantesimo, cercherò di liberare la Regina, tu potrai fermarmi, sempre con la magia. Se riesco a liberarla tu le restituirai i poteri e andrai via per sempre. Se, invece, vinci tu le fate diventeranno tue suddite>>. Il re Alcamirre accettò e, dopo il rito per diventare ”umana-fata”, Irene cominciò il suo duro addestramento. Prima imparò gli incantesimi base, poi quelli più complicati: quando arrivò il giorno della sfida Irene era pronta. Alle sedici precise il via. Irene addormentò gli gnomi, ne bloccò parecchi, distrusse gli ostacoli e le belve feroci, immobilizzò orchi e guardiani, prosciugò paludi, frantumò trappole e giunse finalmente alla stanza in cui c’era la regina imprigionata. Ma a quel punto arrivava il problema più grande: distruggere la porta che ra di un materiale sconosciuto persino alla regina. Irene provò tutti gli incantesimi e poi capì. Fece arrivare lì tutte le fate e unì la loro speranza ed il loro affetto. La porta si sciolse e la Regina fu libera. Il re Alcamirre, dopo aver lasciato andare gli gnomi e restituito i poteri, scappò via. La Regina organizzò una festa in onore di Irene che purtroppo dovette tornare al suo mondo. Con un abbraccio salutò Anna che avrebbe sognato nelle notti seguenti. Federica Gazo |