L’idea del “Parco delle favole” è nata dalla situazione attuale del tramonto della cultura contadina collinare nell’Alta Valle Arroscia che sta lentamente scomparendo. Nella campagna abbandonata sono ancora presenti gli ultimi testimoni e le testimonianze del passato, che per i nostri bambini però sono ormai diventati favole. Il “Parco delle favole” è un’iniziativa per apprezzare e salvaguardare i valori della vita e della lotta del sopravvivere nel passato. Non è soltanto un museo del territorio, ma offre incontri che ci aiutano a riscoprire e riattivare la forza, la creatività, il coraggio e l’allegria degli uomini che costruivano faticosamente nell’ambiente inospitale dell’ubàgu un’ordinata ragnatela di terrazze coltivabili per sfruttare ogni minuscolo angolo di terra. Nel “Parco delle favole” rivive l’entusiasmo della vita di una volta per poter affrontare meglio i problemi del nostro presente e si risveglia la speranza nella vita creativa che supera le ostilità di un futuro sconosciuto con il sorgere della forza della luce che vince la minaccia delle ombre. Nel suo progetto artistico-culturale “Le Maschere di Ubaga” descrive Franco Dante Tiglio “L’Ubàgu” come una delle maschere propizie: “Il toponimo “Ubàgu” appartiene all’antichissimo idioma ligure e indica una località posta a settentrione, tetra e selvosa, scarsamente soleggiata, qual è appunto il versante orografico destro dell’Alta Valle Arroscia, fortemente incisa e corrugata, selvaggia e scoscesa, nei cui recessi sorgono i villaggi di Ubaga, Ubaghetta, Costa di Ubaga, Montecalvo, Case Sottane nonché i ruderi di altre antiche borgate, oggi scomparse ed inghiottite dalla risorta boscaglia.”. Che cosa può aver spinto Franco Dante Tiglio, l’autore delle “Maschere di Ubaga”, ad inserire “L’Ubàgu”, la rappresentazione di un territorio così inospitale ed impervio, arido, sassoso, assolutamente inadatto ad uno sviluppo culturale, come valore positivo nella tipologia del suo progetto? A parte l’aspetto di sicurezza, protezione e rifugio che l’uomo preistorico trovava nell’ubàgu, troviamo qui anche la sorgente della potenza e l’ambiente della tenacia dei contadini liguri, un simbolo della loro strenua lotta contro le forze contrapposte, perverse e maligne, e contro il caos di una natura primordiale e barbara, sulla quale l’uomo aveva imposto il suo ordine razionale.
|