Il simbolo dello spaventapasseri In realtà oggi nei campi non si trovano più gli spaventapasseri, ma nella fantasia delle favole risorgono come simbolo per una indispensabile tutela dei frutti di una cultura secolare, oggi fortemente minacciata. I segni dei valori della vita contadina di una volta esistono ancora, ma sono sempre meno conosciuti e apprezzati, nonostante il fatto che oggi i nipoti vivono un benessere che ha le sue radici anche nella fatica e nel carattere forte dei nonni e bisnonni. In tempi in cui si parla spesso di crisi è utile ricordarsi la semplicità della vita di altri tempi, spesso ai confini della miseria, ma mai disperata, sempre fiduciosa e aperta verso un futuro migliore. La difficoltà delle circostanze domina soltanto finché l’uomo non affronta i pericoli della vita con la sua fantasia e la creatività. Perciò vorremmo con la nostra iniziativa sollecitare il rispetto verso il coraggio dei nostri avi, dai quali ancora oggi si trovano esemplari forti come le querce, nonostante la loro età avanzata. Ci piace dare un messaggio di speranza verso il futuro che si costruisce sempre con l’ingegnosità e l’entusiasmo dei singoli uomini. La figura dello spaventapasseri rappresenta questa lotta solitaria contro i rischi della vita su una terra che chiede più che non renda e concede solo quello che vuole. Forse non vince sempre, forse non caccia via tutte le minacce, ma è sempre un simbolo per l’uomo che non si arrende, ma si batte in una lotta continua contro il male, per la salvaguardia e tutela del bene. Oggi questa lotta talvolta sembra persa, spesso le persone si sono allontanate dalle proprie origini, non soltanto fisicamente, ma anche nella mente e spesso non hanno più presente l’entusiasmo per poter affrontare pazientemente le difficoltà di una vita che non rende subito un guadagno in forma di comodità o di denaro. Invece di chiudere gli occhi, meglio guardare le nuvole grigie che si levano all’orizzonte e ricordarsi della grande forza d’animo alla quale una volta si attingeva per superare le crisi ormai presenti quotidianamente. Uno sguardo ai valori di oggi e di ieri, servirebbe per una valutazione attenta che ci consenta di capire se quelle che ci sembrano necessità odierne, valgono la pena d’essere difese o se è possibile rinunciarvi, almeno in parte, per qualcosa che in futuro potrebbe essere più prezioso. Nessuno difende un albero di mele selvatiche: salvare i frutti buoni, invece, è una necessità non solo di cultura, ma anche di sopravvivenza umana. Non parliamo di una situazione appena iniziata, ma d’una osservata già da mezzo secolo. Abbiamo scelto l’artista Carlo Levi come padrino della nostra attività. Scritto già nel lontano 1959 troviamo in un articolo per La Stampa questo commento del pittore: “Sulla sottile fascia delle riviere pullula e brulica un’anonima folla straniera, denudata al sole, e circola uniforme e beata, sulle macchine, sui motoscafi, sugli sci d’acqua. Per essa, gli antichi lavori del contadino, del pescatore, del pastore, diventano anacronistici; e la eterna preghiera contadina che chiede al cielo impietoso la pioggia preziosa, diventa quasi una bestemmia. Tutti corrono qui a guadagnare e a servire lasciando le vecchie case e i campi sudati, e i muretti dì pietra, fatica dei padri dei padri, architettura di infinite generazioni. Ma subito dietro si nasconde una terra ignota e chiusa, gelosa, aspra e bellissima, piena di asciutto riserbo e di incanto, di paesi cadenti, di dorsali disboscate, la misteriosa Liguria interna, arcaica, terrestre, inutile, piena di Dèi celati e di povertà, e sempre più abbandonata.”
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