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117. IL BAMBINO TESTARDO Cera una volta un bambino testardo che non faceva mai quello che voleva la mamma, perciò il buon Dio ne era dispiaciuto e lo fece ammalare. Nessun medico poté sal-varlo e in poco tempo giacque sul lettino di morte. Quan-do fu calato nella tomba e la terra l'ebbe ricoperto, al-l'improvviso si vide il suo braccìno spuntar fuori e solle-varsi, ed era inutile rimetterlo dentro e buttarci sopra terra, fresca, il braccìno spuntava sempre fuori un'altra volta. Bisognò che la madre stessa andasse sulla tomba e col-pisse il braccìno con una verga, solo allora si ritirò e il bambino ebbe finalmente pace sottoterra. Il bambino capriccioso C'era una volta un bambino capriccioso che non faceva mai quello che voleva la mamma. Per questo il buon Dio ne era scontento e lo fece ammalare, tanto che nessun medico pot‚ salvarlo e presto egli giacque sul letto di morte. Quando fu adagiato nella fossa e coperto di terra, d'un tratto spuntò fuori il suo braccino e si tese in alto; lo misero dentro e tornarono a coprirlo di terra fresca, ma era inutile: il braccino continuava a tornare fuori. Allora la madre stessa dovette andare alla tomba, e batterlo sul braccino con una verga; quando l'ebbe fatto il braccino si ritrasse e il bimbo ebbe finalmente pace sotto terra.
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105.FIABE DELLA BISCIA I Cera una volta un bambino con la sua ciotoletta di latte e il pane a pezzettini. Gliela preparava tutti i giorni la sua mamma per merenda e il bambino se la portava fuori nella corte. Quando cominciava a mangiare, da una fessura del muro strisciava fuori la biscia di casa, ficcava la testina nel latte e faceva merenda insieme a lui. Il bambino era tutto contento e se succedeva che fosse seduto con la sua ciotoletta e la biscia tardasse a venire, la chiamava così:
«Biscia, biscia, la zappetta è già pronta che t'aspetta, mangia il pane spezzettato, bevi il latte zuccherato».
La biscia arrivava subito e gustava molto la merendina. E non mancava di mostrare la sua gratitudine: dal suo tesoro nascosto portava al bambino tante belle cose, pietre facenti, perle e ninnoli d'oro. Però, siccome beveva solo latte e lasciava lì il pane, un giorno il bambino prese il suo cucchiaino, le dette un colpettino sulla testa e le disse: «Biscetta, mangia anche il pane».
La madre, che era in cucina, sentì il bambino parlare con qualcuno e quando vide che colpiva una biscia col cucchiaino corse fuori armata di un pezzo di legno e ammazzò la buona bestiola. Dopo quel giorno il bambino non fu più quello. Finché la biscia aveva fatto merenda con lui, cresceva e si irrobustiva, ora invece non aveva più le guancette rosse e dimagriva a vista d'occhio. Non passò molto che la civetta lasciò cadere il suo grido nella notte, il pettirosso raccolse foglie e rametti per una corona funebre e infine il bambino giacque nella bara.
Storie della serpe 1. Un bambino sedeva per terra davanti alla porta di casa e aveva accanto a s‚ una scodellina di latte e pezzi di pane, e mangiava. In quella arrivò una serpe strisciando, ficcò la sua testolina nella scodella e mangiò con lui. Il giorno dopo tornò ancora e così ogni giorno per un certo periodo di tempo. Il bambino la lasciava fare, ma vedendo che la serpe beveva sempre solo il latte e non toccava i pezzetti di pane, prese il suo cucchiaino, la batté‚ un poco sul capo e disse: -Su, mangia anche il pane!-. In quel periodo il bambino era diventato bello ed era cresciuto. Un giorno la madre se ne stava dietro di lui e, vedendo la serpe, corse fuori e l'ammazzò. Da quel momento il bambino incominciò a dimagrire e infine morì.
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78. IL VECCHIO NONNO E IL NIPOTINO C'era una volta un vecchio decrepito: gli occhi gli si erano appannati, dagli orecchi non ci sentiva più e le ginocchia gli tremolavano; quando poi era seduto a tavola, reggeva a malapena il cucchiaio, la minestra si versava sulla tovaglia e gliene colava un rivolo anche dalla bocca. Il figlio e la nuora ne avevano schifo, e andò a finire che al vecchio nonno toccò andare a sedersi in un angolo dietro la stufa, il cibo glielo mettevano in una ciotoletta di terra; e neanche a sufficienza. Lui guardava triste verso la tavola e gli si inumidivano gli occhi. Un giorno, poi, con le sue mani tremanti non fu capace di reggere la ciotola che cadde per terra e andò in pezzi. La giovane sposa lo sgridò, ma lui non disse nulla, sospirò soltanto. Allora lei gli comprò una ciotoletta di legno da due soldi e il vecchio dovette mangiar lì. Ed ecco, mentre se ne stavano così seduti, il nipotino di quattro anni mette insieme per terra delle assicelle. «Che fai?» gli chiede il padre. «Faccio un trogoli-no» risponde il bimbo «così ci mangeranno la mamma e il babbo quando io sarò grande.» Moglie e marito si guardano, cominciano a piangere, vanno a prendere il vecchio nonno, lo mettono a tavola. Da quel giorno lo fecero sempre mangiare con loro, e se si sbrodolava un po' non dicevano niente. C'era una volta un povero vecchio infermo; le ginocchia gli tremavano, non vedeva n‚ sentiva nulla e non aveva più denti Quando sedeva a tavola, riusciva a stento a tenere il cucchiaio, sicché‚ versava la minestra sulla tovaglia, e gliene colava anche fuori dalla bocca. Il figlio e la nuora ne erano disgustati, così il vecchio nonno dovette finire col sedersi in un angolo dietro la stufa, e gli diedero da mangiare in una scodellina di terracotta, e, per giunta, in quantità assai scarsa; ed egli guardava con tristezza verso la tavola e gli occhi gli si inumidivano. Una volta le sue mani tremanti non riuscirono a tenere ferma la scodellina che cadde a terra rompendosi. La giovane donna lo sgridò ma egli non disse nulla e sospirò soltanto. Allora gli comprarono una scodellina di legno per pochi soldi, e lo fecero mangiare in quella. Mentre se ne stavano seduti là, il nipotino di quattro anni metteva insieme delle assicelle per terra. -Che cosa stai facendo?- gli chiese il padre. -Faccio un piccolo truogolo- rispose il bambino -perché‚ ci mangino dentro il babbo e la mamma quando sarò grande.- Allora il marito e là moglie stettero a guardarsi per un po' e poi si misero a piangere; avvicinarono subito il vecchio nonno al tavolo e da allora in poi lo fecero sempre mangiare con loro senza dire più nulla anche quando si sbrodolava un po'.
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